Differenze neurobiologiche fra i diversi tipi di autismo
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 08 dicembre 2018.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Lo scorso
mese di maggio osservavo che i disturbi
dello spettro dell’autismo (ASD, da autism spectrum disorder) sono
attualmente diagnosticati con una frequenza superiore a quella di qualche
decennio fa, coerentemente con la stima epidemiologica dell’1% della
popolazione generale[1], costituendo un problema anche quantitativamente rilevante[2]. L’alta ereditabilità sembra associata ad una genetica complessa che può
tradursi in differenti alterazioni fisiopatologiche che condividono il fenotipo
autistico. Infatti: “Disturbi pervasivi dello sviluppo che si accompagnano ai
sintomi dell’autismo sono stati descritti in associazione ad alterazioni neuroevolutive dell’encefalo e a malformazioni neurologiche
e vascolari”[3]. Non vi è più dubbio circa l’eterogeneità dei processi che determinano
sintomi comuni, e progressivamente sta acquistando un’importanza sempre
maggiore il rilievo delle differenze cliniche, anche per effetto dell’impegno
costante di sensibilizzazione e aggiornamento fornito da studiosi quali quelli
che afferiscono alla nostra scuola neuroscientifica. In particolare, la
valutazione del grado di sviluppo delle abilità comunicative costituisce un
importante riferimento, sia perché attraverso l’interazione si può accedere a
stime cognitive, sia perché un livello sia pur limitato di possibilità di
scambio costituisce un prezioso ancoraggio per l’esercizio delle tecniche
terapeutiche volte alla promozione delle abilità deficitarie.
Le differenze nello sviluppo precoce
del linguaggio nei bambini con sintomi autistici potrebbero riflettere
sottotipi neurobiologici distinti, pertanto questa possibilità è oggetto di ricerca.
Michael V. Lombardo, Eric Courchesne e nove altri colleghi hanno indagato, in grande
scala, l’esistenza di rapporti fra il profilo di sviluppo del linguaggio di
bambini affetti da un ASD, il loro trascrittoma e le
risposte agli stimoli verbali misurate mediante fMRI.
(Lombardo M. V., et al., Large-scale associations between the leukocyte transcriptome and BOLD
responses to speech differ in autism early language outcome subtypes. Nature
Neuroscience 21: 1680-1688, 2018).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Psychology, University of Cyprus,
Nicosia (Cipro); Autism Research Center, Department of Psychiatry, University
of Cambridge, Cambridge (Regno Unito); Department of
Neuroscience, Department of Psychiatry, Department of Pediatrics, University of
California, San Diego, California (USA); Veterans Affaires San Diego Healthcare
System, San Diego, California (USA).
Prima di
esporre in breve i contenuti dello studio di Lombardo e colleghi si riporta,
come sintesi introduttiva e di aggiornamento, uno stralcio di un nostro
articolo recente:
“Le basi biologiche delle sindromi
ASD che, in qualità di disturbi pervasivi
dello sviluppo sono associate a quadri patologici quali il disturbo di
Asperger, la sindrome di Rett, il disturbo disintegrativo
dell’infanzia, l’autismo atipico e disturbi pervasivi generici, non sono ancora
determinate con precisione, sia perché si ritiene che all’esito comportamentale
dei tratti autistici si possa giungere da percorsi molecolari diversi, sia
perché i dati genetici e neurochimici raccolti ancora non consentono di
ricostruire precisi profili eziopatogenetici.
Sebbene la mole degli studi neurochimici sia veramente impressionante,
solo una parte esigua dei risultati ottenuti è stata replicata e confermata. È
il caso delle indagini su campioni necroscopici - in gran parte dovute
all’impegno di Margaret Bauman e colleghi dell’Autism Tissue Project
- che hanno fornito una quantità e una varietà di rilievi, con pochi riscontri
o in attesa di replica, quali: alterazione del legame nei recettori corticali
GABA-A, anomalie associate al glutammato, ridotta produzione di reelina nel
cervelletto, basso numero di recettori nicotinici in regioni corticali e
diminuzione del legame della serotonina ai recettori 5-HT2 nella corteccia, fra
i più documentati.
Numerosi
studi sono stati condotti sul sistema della serotonina, inizialmente
focalizzati sul rilevato eccesso dell’indolalchilammina
nelle piastrine e sul recettore 5-HT2. L’indagine sul sistema della dopamina ha
sorpreso, mostrando in molti studi indici e parametri del tutto normali. I
sistemi dello stress hanno rivelato
una significativa iper-reattività nell’autismo, pur
presentando una fisiologia basale nella norma. Infine, la ridotta produzione di
melatonina da parte della ghiandola pineale, responsabile della maggiore quota
dell’ormone sintetizzata durante la notte, sembra associata ad una più bassa
produzione anche da parte della parete intestinale durante il giorno,
configurando una potenziale alterazione che ha diretto l’attenzione di molti
ricercatori sui ritmi circadiani negli affetti da ASD.
Da un
punto di vista clinico: “I disturbi
dello spettro del’autismo (ASD) sono clinicamente
definiti sulla base di manifestazioni sintomatologiche riportabili a tre aree
indipendenti di alterazione: 1) difetto di interazione sociale e comunicativa;
2) interessi ristretti e preoccupazioni idiosincrasiche; 3) comportamenti
ripetitivi e stereotipie di moto”[4].
Come si è osservato molte altre
volte in passato, l’attuale concetto clinico di autismo deve considerarsi
corrispondente ad una condizione eterogenea in termini comportamentali,
neurobiologici e genetici, con una tendenza in questo campo verso una
concezione più dimensionale e meno categoriale. La genetica appare
complessa, perché gli studi evidenziano la presenza di una determinazione quasi
certa, ma non espressa secondo criteri mendeliani e dovuta ad una molteplicità
di fattori genetici che concorrono a determinare il fenotipo. Si ritiene che i
singoli alleli siano responsabili ciascuno per una piccola quota, concorrendo
nel loro insieme a configurare un’origine eterogenea e poligenica. Sebbene i
ruoli di epistasi (interazioni
gene-gene) ed emergenesi
(interazioni emergenti fra componenti) non siano chiari, la loro partecipazione
è stata dimostrata e dedotta in molti lavori. È anche opportuno ricordare che i rapporti genetici del disturbo
autistico propriamente detto con la sindrome di Asperger e la sindrome
dell’X-fragile, dovuta ad una mutazione nella regione 5’ non codificante del
gene FMR1 che causa un’espansione della tripletta CGG oltre le 200 copie, sono
oggetto di intense indagini che stanno fornendo dati e nozioni di sicuro
interesse. Anche se l’esatta identità di molti dei geni associati alle sindromi
non è stata ancora scoperta, i geni finora identificati con certezza codificano
proteine che svolgono ruoli in alcune importanti vie biochimiche conservate
nella filogenesi, quali sintesi delle proteine, regolazione
trascrizionale/epigenetica e segnalazione sinaptica[5].
Seguendo Mustafa
Sahin e Mriganka Sur, notiamo che la ricerca genetica nel campo dei disturbi
neuroevolutivi che includono le sindromi autistiche
propone varie centinaia di geni quali
fattori di rischio[6]; tale realtà riflette una molteplicità di cause ed una eterogeneità
patologica, che costituiscono al contempo una sfida ed un’opportunità per la
ricerca. Infatti, con ogni probabilità, la soluzione degli enigmi legati al
rapporto fra alleli mutati e processi alterati, consentirà un salto qualitativo
di vasta portata nella comprensione delle basi neuropatologiche di molti
disturbi neuropsichici”[7].
Ritorniamo
ora allo studio qui recensito, che ha preso le mosse dalle differenze nelle
fasi precoci dello sviluppo della linea del linguaggio.
Michael Lombardo e colleghi hanno
scoperto un’associazione in grande scala tra numerosi moduli coordinati di co-espressione
genica di leucociti circolanti e la risposta multivariata in risonanza
magnetica funzionale (fMRI) al linguaggio verbale.
I moduli di co-espressione genica
associati con la risposta fMRI multivariata alla parola
erano differenti in tutte le comparazioni: per coppie costituite da un bambino
in età molto precoce (toddler)
affetto da un ASD e un bambino di pari età con uno sviluppo normale del sistema
nervoso; e per coppie formate da due bambini affetti da ASD, uno con un buon
livello di sviluppo della linea evolutiva del linguaggio e l’altro con un basso
grado di sviluppo. I moduli di co-espressione associati erano ricchi di geni
che presentano un’espressione estesa in tutto il cervello e in molti tessuti
dell’organismo. Tali moduli di coespressione erano
anche ricchi di 1) geni associati a ASD; 2) geni prenatali; 3) geni specifici
dell’uomo; 4) geni rilevanti per il linguaggio.
Questo
studio ha messo in luce, nei sottotipi di ASD con differenti gradi di sviluppo
del linguaggio, una distinta neurobiologia, che è presente ben prima che si
manifestino tali esiti dello sviluppo alterato. Michael Lombardo e colleghi osservano che le associazioni tra i dati ottenuti mediante neuroimmagini e livelli di
espressione genica nei leucociti del sangue possono offrire una straordinaria
finestra in vivo per
l’identificazione di meccanismi molecolari rilevanti al livello cerebrale per
lo sviluppo di ASD.
L’autore
della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per
la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni
di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni
Rossi
BM&L-08 dicembre
2018
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scientifica e culturale non-profit.
[1] Lord C., et al., Epidemiology: How common is autism? Nature 474 (7350): 166-168, 2011.
[2] Note e Notizie 05-05-18 Shank3 rivela una probabile base di sintomi autistici.
[3] Note e Notizie 07-11-15 Neuroscienza e terapia di autismo e disturbi correlati.
[4] Note e Notizie 07-11-15 Neuroscienza e terapia di autismo e disturbi correlati. Anche se i criteri clinici variano, in dipendenza del fatto che si accetti il DSM o si segua la nosografia tradizionale, l’approccio sperimentale include in questo ambito il disturbo autistico, le forme atipiche di autismo, il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato, il disturbo disintegrativo dell’infanzia, la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e le forme autistiche della sindrome dell’X-fragile.
[5] Cfr. il già citato articolo del 5 novembre 2015.
[6] Cfr. Sahin M., et al., Genes, circuits, and precision therapies for autism and
related neurodevelopmental disorders. Science
– Epub ahead of print doi:
10.1126/science.aab3897, 2015.
[7] Note e Notizie 05-05-18 Shank3 rivela una probabile base di sintomi autistici.